Nel lontano 1949, all’età di nove anni, con un tragitto di circa un’ora all’andata e un’ora al ritorno, il vecchio tram n° 1 mi portava da Genova Sampierdarena dove abitavo a Genova Pegli dove, nella ex Casa del Popolo, sul nudo pavimento in graniglia con lo stemma del fascio ricoperto da vernice rossa, dopo esserci spogliati in un sottoscala senza luce, senza bagno, senza attaccapanni,il Capitano Ascione, napoletano doc, impartiva le sue lezioni di scherma e di vita.
“Sei pronto? …….affondo……..riposati un po’……..sei pronto?…….para di quarta …….riposati un po’ e non ti preoccupare Ezio, se sta scritto nel libro del destino che tu diventerai forte, succederà anche se ti alleni poco.”
NON ERA SCRITTO!!!!
Così per cinque anni, senza mai partecipare ad una gara, con divise militari in tela olona ed alamari di taglia 52\54, con un guanto in pelle da passeggio di mia madre.
Poi l’incontro con il Maestro Giovanni Saracco ed altri cinque anni nella “palestra” (sic!) sotto la chiesa di Santo Stefano in Via XX Settembre con i vecchi amici Gino Monti e Martinengo, partecipando solo ai campionati Liguri in tutte le armi per aumentarne il numero.
In queste uniche occasioni incontravo atleti ai vertici quali Battezzati, Casalone, Stella, Gaeta, Rosano che mi facevano un pelo e contropelo impressionante e me ne ritornavo a casa con la coda fra le gambe, ma sempre più innamorato della scherma e del mio maestro, dove mi aspettava la fatidica frase di mio padre: MA CHE COSA HA QUESTA BENEDETTA SCHERMA PER FARTI SOPPORTARE, SACRIFICI, BATOSTE, DOLORI?
Tutto questo mentre nelle Società GIAS del M° Broccini, e nella C. Colombo dei Maestri Santerini e Nicolini i ragazzi della mia età partecipavano ai campionati italiani allievi, giovanetti, giovani, assoluti
Ma a me bastava essere allenato dal mio Maestro, che ritenevo il migliore del mondo.
Poi la grande svolta : Il padre del mio compagno di classe nel liceo Giancarlo, il mitico comm. Basile, mi incontra mentre preparavamo l’esame di maturità e mi dice “ Ezio, è vero che fai scherma?”
“Si sig. Basile” rispondo.
E Lui “ Voglio organizzare una gara di scherma per ricordare mio cognato Cesare Pompilio, spadista ucciso dai nazisti per rappresaglia”.
Ed io “Bella idea, ma non sarebbe meglio fondare anche una Società con quel nome?”
Così è nata la Pompilio. Numero della mia tessera, il 2.
Solo da quel momento, ormai nella categoria assoluta, sono iniziate per me le gare “vere” alle tre armi.
Oggi, dopo sessanta anni trascorsi in pedana, più del doppio di quelli passati fra i banchi del liceo scientifico ad insegnare matematica e fisica, che senso ha questa testardaggine di non sapersi ancora staccare da questo sport?
Ha senso logico rischiare con sempre maggior possibilità e frequenza di essere considerato dai propri allievi un caro vecchio maestro ma anche un po’ rincoglionito e continuare?
Ha senso continuare ad accettare il sorriso sarcastico dei giovani arbitri alle mie dimostranze sulla loro applicazione del regolamento, avendo in tasca la tessera del GSA con data antecedente non a quella di nascita dell’arbitro ma a quella di suo padre?
Ha senso alla sera, al termine delle lezioni, rimanere sotto la doccia con gli occhi chiusi, distrutto da una stanchezza infinita?
Ha senso continuare ad accettare come normalità le lotte, le accuse reciproche, le rivalità, la sindrome del potere che attraversa trasversalmente il nostro sport, trasformando amici ed alleati di ieri in avversari e nemici oggi e di nuovo alleati ed amici domani?
Ha senso continuare a soffrire e rischiare la chiusura dei tuoi by pass a bordo pedana?
Ha senso continuare a sopportare i genitori che pur non avendo mai fatto scherma e non capendo nulla di scherma, ti accusano di non aver suggerito l’azione giusta al figlio o criticano la tua gestione tecnica, la formazione delle squadre ecc.?
Ha senso continuare a subire i mugugni di tua moglie per il tempo che sottrai alla famiglia nell’accompagnare alle gare i ragazzi e contemporaneamente sentirti dire dai genitori che in questo hai fatto figli e figliastri?
Ha senso discutere per ore con tuo figlio sulla misura, sulla seconda intenzione, sull’arresto , sul tipo di tecnica e di tattica da insegnare a quel determinato allievo sulla base del suo fisico, del suo carattere ecc.?
Ha senso svegliarsi a notte fonda, andare nello studio e annotarsi nuove soluzioni tecniche?
Ha senso sottrarre tempo ad una professione e relativi guadagni per dedicarlo alla sala di scherma?
Ma che cosa avrà questa benedetta scherma?
“Scusami papà, scusami ma non l’ho ancora scoperto e forse avevi ragione tu quando vedendo le sacche mia e di mio fratello Aldo in ingresso ci domandavi in genovese :” Ma duve l’è che anè?”
“Ai campionati italiani papà” rispondevamo e tu guardandoci e scuotendo la testa sentenziavi :” Ma stèvene a casa !!!”